Il Golfo di Taranto è minacciato da un grave pericolo, quello delle trivellazioni petrolifere. Le numerose procedure per la ricerca del petrolio nel nostro mare sono già in corso e prevedono dapprima la ricerca degli idrocarburi mediante il micidiale air-gun che genera spaventose esplosioni di aria compressa. Le esplosioni effettuate ogni 5-15 secondi, a loro volta originano onde sonore che arrivano sul fondo del mare, lo attraversano e in base a come vengono riflesse o rifratte forniscono informazioni sulla presenza o meno degli idrocarburi nel sottofondo marino.

 Il livello sonoro raggiunto dalle esplosioni è impressionante e può arrivare fino a 262 decibel! Si tratta di un rumore difficile anche da immaginare, basti pensare che la soglia del dolore per l'orecchio umano è fissata a 130 decibel, e il rumore generato da un tornado arriva massimo a 250 decibel... Le impressionanti onde sonore investono tutti gli organismi marini (invertebrati e vertebrati) che si trovano nelle vicinanze della sorgente con danni temporanei o permanenti all'apparato uditivo. Nei casi più gravi, le onde provocano emorragie interne e la morte dell'animale che successivamente si spiaggia sulle coste.

 L'air-gun produce seri danni economici anche alle attività di pesca che si sostengono con le specie ittiche locali. Un recente studio condotto nell'oceano Atlantico ha dimostrato che le catture del merluzzo bianco e dell'eglefino sono diminuite dal 40% all'80% in tutta l'area sottoposta a prospezione. Altri studi evidenziano come l'impatto maggiore dell’air-gun venga esplicato sulle uova, larve e avannotti delle specie ittiche che mostrano un alto tasso di mortalità. Questa evidenza indica come gli effetti degli air-gun siano disastrosi nelle aree di nursery, ovvero in tutte quelle aree scelte dagli animali marini per riprodursi e dove gli individui giovanili trascorrono le prime fasi della loro vita. Il Golfo di Taranto racchiude moltissime aree di nursery, che tra l’altro sono considerate Habitat prioritari di salvaguardia per la Convenzione di Barcellona e Habitat di interesse comunitario per la Direttiva Habitat. Le più importanti aree di nursery sono le praterie di Posidonia oceanica, i vari tipi di Coralligeno ( vedi qui) e le scogliere madreporiche a coralli bianchi nel piano batiale che si trovano anche a oltre 1000 m di profondità. 

  Dopo la fase di prospezione, segue la vera e propria perforazione del pozzo per l’estrazione degli idrocarburi. La perforazione prevede l’utilizzo di fanghi di perforazione altamente inquinanti costituiti da miscele acquose di polimeri a composizione ignota che servono a lubrificare e raffreddare la trivella, e a riportare al livello del fondo marino i detriti. Sia i fanghi che i detriti vengono gettati sul fondo circostante andando a distruggere completamente la comunità marina preesistente e inquinando l’ambiente. Dopo la perforazione, infatti, sono state riscontrate alte concentrazioni di metalli pesanti pericolosi come il cromo, l’arsenico e il mercurio.

 Anche durante il normale funzionamento della piattaforma petrolifera, vengono gettati in mare considerevoli quantità di idrocarburi di scarto (sia estratti che lavorati), acque di lavaggio e rifiuti. Inoltre, per aumentare la produttività dei pozzi vengono iniettate soluzioni acide ad alta pressione che contribuiscono all’inquinamento del sottofondo marino.

 L’estrazione petrolifera implica, inoltre, il costante rischio di pericolosi blowout, ovvero della fuoriuscita incontrollata e incontrollabile di ingenti quantità di idrocarburi che possono innescare incendi o possono disperdersi in mare, provocando disastri ambientali, come quello avvenuto recentemente nel Golfo del Messico che ha provocato la fuoriuscita di 1.200.000 tonnellate di petrolio che si sono sparsi su 8000 miglia quadrate. Se accadesse uno sversamento simile nel Golfo di Taranto, tutta l’intera superficie marina pari a poco più di 4200 miglia quadrate verrebbe invasa dal petrolio!

 Una volta in mare, le varie componenti del petrolio possono andare incontro a svariati processi. Le componenti più leggere evaporano in atmosfera o vengono ossidate dalla radiazione solare, le componenti intermedie galleggiano sulla superficie o creano emulsioni con l’acqua del mare, le componenti più pesanti tendono a depositarsi sul fondo con grave danno per le comunità marine.

 Il petrolio che spinto dalle correnti arriva sulle coste, induce la distruzione delle comunità marine litorali rocciose, sabbiose e lagunari con tempi di recupero lunghissimi dell’ordine di anni. Gli effetti a breve termine del petrolio sugli animali sono disastrosi e provocano soffocamento, avvelenamento e morte di tutti gli organismi che si vengono a trovare nella marea nera, dai minuscoli organismi planctonici ai pesci, rettili, mammiferi marini e uccelli acquatici.

 Anche molto tempo dopo lo sversamento, gli idrocarburi persistenti possono bioaccumularsi negli animali marini e biomagnificarsi attraverso la rete trofica raggiungendo l’uomo che si alimenta di pesci e altri animali contaminati.

 

La componente più persistente e pericolosa del petrolio è quella degli IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici) che vengono facilmente accumulati dagli animali e dall’uomo all’interno dei tessuti adiposi. All’interno dell’organismo, gli IPA vengono convertiti da enzimi in composti più reattivi che si legano al DNA e inducono errori nella trascrizione e nella replicazione della molecola. Ciò può provocare l’insorgenza di condizioni precancerogene e di forme tumorali.

 

 Le attività di trivellazione/fracking indirettamente possono indurre anche sismi di magnitudo medio-bassa, come dimostrato in uno studio condotto in una zona estrattiva olandese dove in 25 anni sono stati registrati 688 sismi (magnitudo massima pari a 3.5 Richter).

Questa evidenza è tanto più grave se si considera che il Golfo di Taranto è caratterizzato da numerose faglie attive, e si trova proprio sulla linea di contatto delle due principali placche del Mediterraneo, la placca africana e la placca euroasiatica. Infine, nel promontorio compreso Crotone e Capo Rizzuto esiste una gigantesca mega-frana che si estende fino a grande profondità. Attualmente il corpo franoso si muove molto lentamente ma l’induzione di sismi potrebbe innescare violente frane sottomarine e maremoti.