di Arianna Pisconti
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Eccola qui la Malmignatta chiamata anche Vedova Nera Mediterranea, celebre oltre che per la pericolosità del morso anche per il cannibalismo sessuale che la rende “vedova” (pratica comunque piuttosto diffusa tra i ragni quella di divorare il maschio dopo l’accoppiamento).
Il suo nome scientifico è Latrodectus tredecimguttatus per le tredici macchie rosse sul dorso, anche se possono presentarsi in numero minore quando fuse tra loro.
In Italia è presente al centro e al sud, in zone aride e pietrose, quindi non è una specie che troviamo nelle nostre abitazioni. Per di più, sul nostro territorio non è molto facile da rinvenire, avendo una distribuzione localizzata.
In passato a venir morsi erano i contadini e le contadine che mietevano i campi, ma negli ultimi decenni i morsi sono diventati molto rari.
Il morso, dicono indolore, provoca significativi effetti, anche gravi. Stando alla letteratura medica, i sintomi tipici che sopraggiungono poche ore dopo potrebbero includere: sudorazione, nausea e vomito, crampi muscolari, dolore addominale ed anche alterazione della coscienza. Il quadro clinico, però, migliora in pochi giorni fino a completa risoluzione.
La malmignatta costruisce la sua disordinata tela sotto rocce, ma anche alla base di cespugli e muretti a secco.
E’ un ragno molto schivo, tuttavia non va maneggiato e toccato in alcun modo. Quindi, se durante le vostre escursioni, aveste la fortuna di incontrare questa meraviglia, osservatela con le dovute cautele e il dovuto rispetto, se non altro, perché è entrata nel nostro folklore essendo uno dei ragni implicati nel leggendario morso che ha scatenato danze sfrenate al suon di tamburello, innescando il fenomeno storico, religioso e culturale del Tarantismo che ha intrigato gli studiosi di tutto il mondo.
L’altro ragno implicato nel “mito del morso” è la tarantola, nome che deriva dalla città di Taranto. Stiamo parlando di Lycosa tarantula. È uno dei più grandi ragni italiani, infatti può raggiungere i 3 cm di corpo. Ha dei robusti cheliceri ma, sebbene il morso possa essere doloroso, non ha effetti rilevanti sull’uomo tali da generare la sintomatologia accusata in passato dai tarantolati, assimilabile invece al morso della malmignatta.
La nostra tarantola vive in tane nel terreno, profonde decine di centimetri, che presentano all’ingresso la tipica corona di fili d’erba intrecciati. Possiamo trovare le tane in zone con vegetazione rada, anche adiacenti a uliveti.
Pare che gli emigranti italiani in America cominciarono a chiamare i grossi ragni che vedevano con l’appellativo “tarantola”, ecco perché questo nome è associato alle famose grosse migali, cioè ai ragni della famiglia Theraphosidae.
Lycosa tarantula all’ingresso della sua tana che mostra la caratteristica zebratura interna delle zampe e grandi occhi mediani posteriori.