I Serpenti Salentini tra leggenda e realtà.

  Da tempi immemori i Serpenti dominano la Macchia Mediterranea, nascondendosi tra le pietraie e tra i tronchi dei grossi alberi, nutrendosi di lucertole, topi, ratti, uova, piccoli uccelli e anfibi. La salvaguardia e il rispetto di queste specie è di fondamentale importanza per il mantenimento di un equilibrio stabile e delicato che dura milioni di anni. Molto spesso questi sfuggenti e timidi animali sono sfortunatamente travolti dalle automobili oppure uccisi irragionevolmente dall’uomo per scarsa e confusa conoscenza. Inoltre l’utilizzo di pesticidi e insetticidi e gli avvelenamenti secondari da rodenticidi, così come l’urbanizzazione galoppante, contribuiscono in maniera rilevante alla diminuzione del loro numero. Mi auguro di fare cosa gradita a tutte quelle persone che passeggiando per i bellissimi paesaggi nel sud della Puglia o per pura curiosità si avvicinano a questo interessantissimo e affascinante “mondo strisciante” ricco di superstizione, magia e leggenda.

  Il Biacco (Hierophis viridiflavus)

è il colubro che con maggior frequenza riusciamo ad osservare. Molte volte si spinge anche nei giardini ed orti soleggiati, venendo a contatto facilmente con l’uomo. In tutto il sud e centro Italia questa specie ha una colorazione melanica ossia nera carbone, lucente. In altre regioni d’Italia assume una colorazione a strisce verde scuro e giallo, da quì il nome scientifico “viridi-flavus”. Gli individui giovani presentano una livrea chiara giallo opaca con testa scura, molto più difficili da osservare grazie al favoloso mimetismo criptico che permette di renderli invisibili tra le foglie di ulivo e l’erba secca, come si vede nella seguente foto :

Questi agili e veloci serpenti scappano via alla vista dell’uomo ma, se messi alle strette, possono sferrare veloci morsi e soffiare per intimidire. E’ innocuo. Durante la primavera possiamo osservare le tipiche danze che caratterizzano l’accoppiamento: il maschio e la femmina (quest’ultima di dimensioni maggiori solitamente) si intrecciano per riprodursi. Anche i maschi possono improvvisare avvincenti danze per dimostrare la propria superiorità fisica.

 

sopra: biacco adulto che preda un giovane cervone

Il biacco è dialettalmente conosciuto come “scursune o scurzone”o “serpe niuru”. Una delle leggende che più mi colpisce è quella riguardante i rituali d’accoppiamento. Schernendo i serpenti e pronunciando la frase “lu monicu cu la monaca” si ingenera una sorta di ira dei due esseri striscianti che non esiterebbero ad attaccare il disturbatore. Ovviamente sono solo residui di superstizioni dettate dalla religione che vuole il serpente nero incarnazione dell’essere diabolico. La spiegazione scientifica è semplice: - Il serpente a differenza dei sauri (Lucertole) non ha membrana timpanica ne orecchio medio, quindi difficilmente potrà ascoltare ciò che sussurriamo. Le parole magiche quindi serviranno a ben poco.

Sopra: biacco che preda un ratto.

 I biacchi avendo in termoregolazione una temperatura abbastanza alta (37°C al pari di un uomo) sono molto irascibili e combattivi rispetto agli altri serpenti nostrani; e se in aggiunta sono presi focosamente dal corteggiamento e dalle lotte per la riproduzione, un nostro movimento incauto potrebbe disturbarli causandone la fuga repentina tra le nostre gambe.

sopra: Cervone adulto

Il Cervone (Elaphe quatuorlineata) invece è il più grande serpente italiano. Può raggiungere i 2 metri e mezzo e oltre di lunghezza (e non 9 metri come ho sentito giurare da alcune persone). Lo incontriamo negli uliveti centenari vicini a querceti. Chiamato “quatuor-lineata” per le quattro linee nere che attraversano il dorso. Le sue prede preferite sono gli uccelli, infatti il nome italiano deriva dalla sua abitudine di ingurgitare le prede dalla testa e di lasciar sporgere le zampe del malcapitato pennuto dalla bocca a mo di corna di cervo per l’appunto. Secondo altri, i pastori e i contadini scambiavano la muta (exuvia) della testa non ancora caduta per piccole corna. I giovani di cervone sono molto simili alle vipere perché hanno ridotte dimensioni e una colorazione (pattern) analoga. Molto mansueto, difficilmente morde e se disturbato si allontana lentamente. E’ un buon nuotatore.

sopra: Cervone adulto presso un canale lungo il Mar Piccolo, Taranto

 Volgarmente chiamato pasturavacche perché si pensa che il serpente vada matto per ogni tipo di latte solitamente quello bovino e pare non disdegni neanche quello umano. Sono numerosissime le leggende che vedono protagonista un serpente gigantesco che silenzia i neonati con la coda a mo di tettarella e sugge il latte dalle madri dormienti. La mia spiegazione scientifica: - L’apparato buccale dei rettili non è strutturato per “succhiare” alimenti/liquidi ma per ingoiare le prede facendole scorrere dalla bocca all’esofago. - Il serpente inoltre non possiede enzimi in grado di digerire il latte, perché questo prezioso liquido vitale è prodotto solo dai mammiferi (dal latino “portatori di mammelle”) giammai dai rettili. - Inoltre la paura dei rettili nei confronti degli uomini è spropositata, e dunque si guarderebbero bene dal condividere il letto con uno di noi.

 

Sopra: cervone nella livrea giovanile, foto di Sergio Vergori

Un altro fantasioso racconto è quello del serpente che decide di costruire una tana nell’apparato digerente di un bambino addormentato sotto un albero. Abbastanza inverosimile, il serpente morirebbe in poco tempo digerito dall’acido cloridrico presente nello stomaco; inoltre non può oltrepassare la faringe senza svegliare l’incauto e dormiente fanciullo. Una scodella di latte messa vicino alla bocca doveva fungere da trappola per attirare all’esterno l’inquilino indesiderato. E’ denominato anche “sacara” o “casara”(appellativo interscambiabile con il colubro leopardino, che tratterò più avanti) perchè è facile sorprenderlo mentre si nutre delle uova di gallina nei pollai delle case/masserie presenti nel territorio salentino (da “casa” appunto). Altri suggeriscono una diversa etimologia: dalla parola dialettale “sucare = succhiare” e dunque “sacare”, con riferimento alla precedente leggenda del succhiatore di mammelle bovine.  

Sopra: colubro leopardino, fenotipo "classico"

 Il Colubro Leopardino (Zamenis situla o meglio situlus) è ritenuto il più bel serpente d’Europa per la sua colorazione a macchie rosse sgargianti e rotondeggianti che richiamano la forma degli arachidi. Diffuso soprattutto sulla costa adriatica, dove oltre al fenotipo più comune “leopardato”, si può incontrare anche quello a strisce “striped”, molto più raro perché geneticamente recessivo.

Sopra: colubro leopardino livrea "striped"

E’ difficile osservarlo, infatti si mimetizza con molta facilità nei campi di grano o tra l’erba alta. Molto schivo e timido, si rifugia nei muretti a secco o tra la vegetazione se gli si presenta una minaccia. Anche questo serpente ama i pollai, dove si nutre di uova. E’ ghiottissimo di topi e di piccoli di ratto: scova il nido e divora i neonati. Chiamato “sacara” similmente ai cervoni. Sfrutta il mimetismo fanerico (o di ostentazione), una colorazione vistosa simile a quella dei serpenti velenosi che funge da avvertimento contro possibili predatori e che è la causa dell’uccisione da parte dell’uomo. Il colubro leopardino sfrutta anche il mimetismo criptico (da krypto=nascondere). Le strisce sul dorso del fenotipo “striped” rendono il serpente indistinguibile tra gli steli di erba secca. Gli individui a macchie rosse invece potrebbero richiamare le comuni macchiettature rosse delle rocce salentine pigmentate dal diffusissimo lichene epi-litico (“sopra - la pietra”), nello specifico Caloplaca aurantia.

Sopra: biscia dal collare

  La Biscia dal collare (Natrix natrix) è la biscia più comune in Italia. Ha un colore verde scuro o marrone macchiettato di nero e un tipico collare giallo intorno al collo da cui prende il nome. Questo serpente si rinviene vicino ai corsi d’acqua, come canali o paludi dove si nutre di anfibi come rane e rospi e anche di piccoli pesci.

 

Sopra: biscia dal collare vicino ad una delle sue prede favorite

Come tutti i serpenti è timida e se messa alle strette secerne un liquido maleodorante dalle ghiandole anali che mettono in fuga gli aggressori. E’ un’attrice nata: può fingere di morire (tanatosi) spalancando la bocca e fingendo di essere un boccone vecchio e in decomposizione. Tutte le Natrix hanno squame carenate come quelle della Vipera aspis. E’ forse la specie che subisce più uccisioni da parte dell’uomo data la similarità con l’aspide (Vipera comune).  

 Un serpente difficile da osservare è il Colubro liscio (Coronella austriaca). Serpente molto riservato lo troviamo nei boschi o in zone soleggiate ma nascoste. E’ viviparo, partorisce un numero elevato di piccoli che sono da subito indipendenti.

Sopra: coronella austriaca, foto di Manuel Marra

Ha circa le stesse dimensioni di un biacco (max 90cm) e ha una colorazione grigio-rossastra con due serie di macchiette nere sul dorso disposte a barre trasversali. Ho sentito spesso parlare di questo serpente dai contadini, probabilmente è la C. austriaca ad essere denominata “lecino” e non il giovane biacco come supponevo un po’ di tempo fa. L’etimologia del nome presumibilmente deriva da una specie di quercia presente in gran numero nel Salento (Quercus ilex, il Leccio) che va a fornire insieme ad altre specie di arbusti l’habitat ideale del serpente.

Sopra: vipera aspis

  La Vipera comune (Vipera aspis hugyi) è l’unico serpente velenoso salentino. Ha dei colori bellissimi: fondo grigio con macchie nere sul dorso a zigzag. Ha un corpo tozzo, testa triangolare, pupilla verticale e muso all’insù. Abita prevalentemente zone assolate ai margini dei boschi, pietraie e zone aride. Il nome deriva dalla sua ovoviviparità ossia partorisce i piccoli ma le uova si schiudono all’interno della madre diversamente degli altri ofidi salentini. Dato che questo piccolissimo animale (60-80 cm al massimo) è il più temuto, mi dilungherò descrivendo morso, pericolosità e caratteristiche particolari. Intanto sfatiamo tutti quei miti che narrano di vipere che saltano, di vipere che rincorrono le persone e di vipere giganti. Una vipera solitamente se percepisce rumori forti di passi si allontana lentamente ed emette un soffio per avvertire della sua presenza. Solo se costretta morde, quindi solo se accidentalmente ci poggiamo un piede o una mano sopra avremo una sua reazione. Una curiosa storiella che circola in Europa dagli anni ’70 è quella delle vipere lanciate dagli elicotteri. Esistono anche pagine dedicate sul web che spiegano in maniera accurata la leggenda metropolitana spopolata in Italia negli anni ’90. Allego il link alla pagina che spiega in maniera approfondita l’avveniristico mito: http://it.wikipedia.org/wiki/Lancio_di_vipere_da_elicotteri

Sopra: vipera aspis

 Il morso della vipera non sempre contiene veleno. Esiste infatti la probabilità del cosiddetto “morso secco”: l’aspide morde senza secernere le sostanze tossiche, che risparmia dato che sono essenziali per cacciare e per poter sopravvivere. Il veleno solo in casi particolari porta a morte (NB: sono stati registrati più casi di reazioni avverse per somministrazione di antidoto che per il veleno). La vipera dunque è pericolosa per bambini e anziani cioè le categorie più delicate fisiologicamente. Il morso è riconoscibile: possiamo notare due piccoli forellini distanziati di pochi millimetri; molte volte perdono un dente o mordono solo con uno. In caso di morso si sconsiglia di utilizzare lacci emostatici (per evitare la cosiddetta anossia anossica e necrosi del tessuto), applicare ghiaccio, bere alcolici o succhiare via il veleno. Si consiglia invece di immobilizzare l’arto colpito, restare calmi e chiamare i soccorsi. Come prevenzione dobbiamo tener conto del nostro abbigliamento, utilizzare scarpe da trekking e jeans soprattutto nei luoghi impervi e con erba alta, e stare attenti a dove mettiamo i nostri piedi e le nostre mani soprattutto se ci fermiamo a riposare su un muretto a secco. La possibilità di un incontro con una vipera nel Salento comunque è remota, viste le sue abitudini schive e la localizzazione ben precisa degli ultimi esemplari che ancora combattono per la continuazione della specie.

  In conclusione, vi consiglio vivamente di fermarvi un attimo prima di sferrare col bastone il colpo fatale alla testa o accelerare con le automobili per schiacciarli sull’asfalto rovente…il ribrezzo e la paura possono svanire se riuscirete a riconoscere la specie e la sua etologia e a vedere nell’animale un ciclo naturale che va avanti da secoli. Non importa più l’essere innocuo o pericoloso, vi importerà più del rispetto del ruolo “uomo-natura”. E quando osserverete con attenzione un serpente velenoso, oltre a stupirvi del suo aspetto così fiero, vedrete nel suo veleno la cura a numerose malattie croniche umane come l’asma, sclerosi multipla, l’Alzheimer, i postumi di ictus, l’arteriosclerosi, i reumatismi, solo per citarne alcuni. Per chi mastica un po’ di inglese può leggere anche questi bellissimi studi che vedono nel veleno di serpente una potenziale cura per il cancro: http://omicsonline.org/open-access/metalloproteinases-mechanisms-of-action-and-pharmacological-relevance-2161-0495.1000-181.pdf http://www.pps.org.pk/PJP/3-1/07%20DMShaikh.pdf  

 Pensate che il simbolo della medicina è il bastone del dio Asclepio/Esculapio, il serpente attorcigliato ad una verga…gli antichi Greci ci avevano visto lungo. Vedrete nel serpente anche una valenza economica: il risparmio sull’acquisto dei rodenticidi ovvero topicidi che causano una morte atroce dei roditori e che mietono numerose vittime non solo nel mondo dei rettili ma anche tra i rapaci, in primis i notturni come barbagianni e civette, per intossicazione secondaria. E’ giunto il momento di considerare il Serpente un fido alleato, un leale compagno agreste da accogliere con gioia e non più da scacciare con profana (per non dire ignorante) ripugnanza.  

 Fabio Protopapa, Herping Italia